Kore e Kuros
Ex Noviziato dei Crociferi, Palermo, 2010
Sette kouroi, o ritratti di personaggi, alti sette metri, realizzati da Domenico Pellegrino, uno dei primi artisti che negli scorsi anni hanno deciso di dedicare tutta la propria attività artistica alla registrazione e alla catalogazione di personaggi-modello della vita giovanile quotidiana. In sostanza ciò che lo scanner di Pellegrino riprende è rappresentato poi con i vari colori dello spettro solare distribuiti a seconda della diffusione del calore corporeo: ciò che la cinematografia hollywoodiana (si tengano presente ad esempio film come Terminator, Predator o Alien o telefilm come Star Trek ecc.) ci ha abituato essere l’unico tipo di visione possibile per una macchina.
I soggetti raffigurati da Domenico Pellegrino sono in buona parte persone che hanno chiesto all’artista di essere ritratte, per il piacere ed il desiderio di vedersi rappresentate in pubblico.
Scelti dunque i modelli, maschi e femmine indifferentemente, Pellegrino li sottopone a scansioni febbrili, esponendoli alle luci calde e fredde che virano il colore o all’uso di lenti che ne deformano le sagome, per accorgersi con sorpresa che lo scanner, tutt’altro che inerte, reagisce alle differenti cromìe dei modelli: se biondi o bruni, tatuati o pelosi, trasponendoli in una fantasmagoria di colori, in un’estrema e quasi voluttuosa deliquescenza, che testimoniano appunto il trascorrere dell’ordinario nel mondo rarefatto degli archetipi, dei totem, dei tratti maculati della Sindone. Qui le figure – come nei mosaici bizantini, ieratiche ed astanti- levitano nell’aria, assumono l’aspetto di esseri pietrificati nel mezzo del loro movimento, creano le arcane atmosfere che è possibile rinvenire in certi brani sontuosi dell’Endimione di John Keats. E, nel contempo, bizzarre e chimeriche bellezze si evidenziano, dove le singole parti attingono inedite proporzioni, gli elementi solidali si dissociano, le masse carnose divengono, quasi in assenza di gravità , imponderabili.
Come Narciso, che nel lago rispecchia, oltre la propria immagine, l’intero universo, fatto di astri, di piante e d’animali, anche in queste opere gli spettatori, forzati a identificarsi nelle tregende dei corpi, nell’allucinazione degli specchi, si riconoscono infine elementi inalterabili del cosmo, dove ciò che si corrompe rinasce, reintegrandosi in nuovi cicli vitali.